Appartengono alla Generazione Z i nati fra il 1996 e il 2010, cioè nei quindici anni successivi all’arrivo del web: sono tutti nativi digitali, essendo cresciuti con le tecnologie digitali, o, per dirla con parole semplici, “con lo smartphone in mano”.
Sono mamma di una bambina di 5 anni e, come tante altre mamme, so bene quanto per ognuna di noi sia comodo poter disporre di quei minuti di “pausa” che ci vengono concessi quando i nostri figli sono immersi nei vari video che scorrono davanti ai loro occhi. Nello stesso tempo mi domando spesso se sappiamo cosa può derivare da un uso intensivo del web, soprattutto se non controllato. Anche per la triste notizia di questi giorni: “Antonella, morta a 10 anni per una sfida su TikTok: la sorellina afferma che si trattava del gioco dell’asfissia”.
Un “gioco”! Così viene definito da molti un qualcosa che nei casi più estremi porta a questi risultati, che toglie la vita a dei bambini. Nel mondo del web vengono definiti “Online challenge”, ovvero sfide lanciate sulla rete che ottengono un crescente seguito tra gli adolescenti di tutto il mondo per emulazione, per passaparola, per il tentativo di stupire e primeggiare. La prima volta che ne siamo venuti a conoscenza era il 2017 quando, grazie ad un servizio del programma Le Iene, diventa di dominio pubblico la “Blue Whale Challenge”, o Sfida della Balena Blu.
Era questo un “gioco” costituito da una lista di compiti giornalieri assegnati ai ragazzi da parte di un curatore nell’arco di un periodo di cinquanta giorni. Compiti inizialmente semplici ed innocui e poi via via sempre più impegnativi in un susseguirsi di autolesionismo, alterazioni del ciclo sonno-veglia e turbamento psicologico con l’obiettivo di instaurare nel partecipante uno stato di ansia e di depressione. Una volta raggiunto questo livello, egli è pronto all’atto finale di questa assurda sfida: togliersi la vita.
Dopo la messa in onda di questo servizio, vi sono state così tante segnalazioni da parte di genitori preoccupati per il comportamento dei propri figli, da spingere la Polizia a pubblicare una pagina di consigli inerenti il fenomeno Blue Whale.
Preoccupazioni e consigli che non hanno impedito ad un’altra challenge, la “Jonathan Galindo Challenge”, di entrare nella vita dei nostri bambini. La ribalta della cronaca dello scorso anno ci consegna la tragica morte di un bambino di 11 anni di Napoli che, prima di gettarsi dal balcone della sua abitazione, ha lasciato un bigliettino in cui aveva scritto “devo seguire l’uomo con il cappuccio nero, non ho più tempo. Scusatemi”. Le modalità di esecuzione di questa challange richiamano quelle della Blue Whale. Ed ora, la morte di Antonella porta sotto la luce dei riflettori la “Blackout Challange”, una sfida in cui i concorrenti devono soffocarsi comprimendosi la carotide: “vince” chi resiste più a lungo.
Queste sono solo alcune di tutte le attività pericolose e di tutte le sfide assurde che corrono in rete e nei social network, che spesso raggiungono i nostri figli e che, quando trovano giovani con animi fragili o che vivono situazioni negative, li trasformano in vittime.
Per questo, per cercare di capire le reali dimensioni delle conseguenze derivanti dall’uso del web da parte dei ragazzi, cerco di rispondere alla domanda: mettereste mai vostro figlio alla guida della vostra automobile da solo? Immaginare la rete presente sullo smartphone di un ragazzo come un’automobile guidata da un bambino, riesce a darci l’idea di quanti pericoli si celino dietro ogni angolo e di come responsabilità e controllo siano le chiavi per un suo utilizzo corretto.
Con questo primo intervento prende avvio Cybermondo la rubrica curata da Noemi Cima, criminologa, esperta di sex offender, dove si tratta dell’interazione fra uomo e computer, realtà virtuale e internet. L’attenzione è rivolta ai pericoli palesi e occulti presenti in questo mondo soprattutto per i ragazzi in età evolutiva. L’intenzione è anche quella di fornire ai genitori strumenti per il contrasto di comportamenti dannosi.
Bellissimo articolo! Grazie
Noemi seguirò i tuoi articoli per saperne di più!
Grazie mille Giovanna. A presto!
Ciao Noemi,
Brava! Purtroppo, bambini di oggi non hanno una crescita che si svolge con altri bambini. Piu delle volte sono soli e quindi l’accesso all’ internet e’ un passatempo per troppe ore. Ma deve essere controllato ed e’ su questo punto che molti genitori, chi per mancanza di tempo o perche si fidi molto del giudizio del proprio figlio dimenticano che sono solo bambini e non hanno la maturita’ di capire i rischi che sono in agguato.
Baci e abbracci,
Diana
Ciao Diana,
Purtroppo la cosa che manca, il più delle volte, è la pazienza. È più comodo dare un telefono in mano che giocare con i propri figli, ma è proprio quello di cui hanno bisogno: tempo passato con loro.
Un abbraccio grande!