Le Virgole, un appuntamento estemporaneo fra chi ama scrivere e chi ama leggere.


La situazione è di stallo.

Sono bloccata alla descrizione dello chalet di pietra sull’oceano. Luogo romantico per eccellenza. In una landa deserta battuta dal vento, dove i miei protagonisti stanno per vivere un’intensa notte d’amore mentre piove a dirotto tutt’intorno sulla brughiera.

No. Il topos dello chalet sulla landa a picco sull’oceano evoca una terribile burrasca di pioggia. Che ulula… (si dice ulula della burrasca?) e incombe all’orizzonte…

Tempesta, che a saperla descrivere, potrebbe risolvere le timidezze amorose dei miei protagonisti. Ho sempre sognato di scrivere una scena d’amore dentro uno chalet, su una landa deserta a picco sull’oceano. Il mio romanzo andava in un’altra direzione ma… non posso farci nulla, mi sta venendo così…

Vediamo. Riprendo dalla scena iniziale…

I due sono davanti al fuoco scoppiettante del camino. Sono lì per caso. Lui ha incontrato lei nella landa e visto il tremendo temporale in arrivo, si è offerto di accompagnarla allo chalet, e dove sennò? Cincischiano per un po’, parlano del più e del meno. Lui dovrebbe ritornare al suo villaggio. Ma… ecco, qui è il punto: se intervenisse la burrasca di pioggia lei cosa potrebbe dire? Va’… torna al tuo paese… vivo da sola ormai, come una povera orfana, onesta e morigerata, qui non puoi restare…

Ma chi ci crederebbe? E poi un topos è un topos. Devo descrivere questa cavolo di burrasca di pioggia, e le sue conseguenze.

Vediamo…  sempre dalla scena iniziale…

Seduti sul divano di fronte al fuoco, lui le prende la mano e la guarda negli occhi. Lei risponde allo sguardo abbassando pudica la testa, senza mai mollare la manina da quella di lui. Tutto lascerebbe immaginare una conseguente scena d’amore ma… siamo alle solite, manca la burrasca di pioggia.

E qui non riesco proprio ad andare avanti.

Per il resto c’è proprio tutto: il cielo gonfio di nubi minacciose, il roboante tuono che fa vibrare le mura di pietra del piccolo chalet, i fulmini e i lampi all’orizzonte sopra l’oceano in tempesta, il vento che ringhia come un lupo affamato e scuote col suo fischio barbaro i vetri delle finestre… (si dice barbaro del fischio del vento? Mah…)

Ma non piove! Né di pioggia né di temporale si vede l’ombra. I miei personaggi sono in stallo, come me. Vorrebbero passare alle vie di fatto ma questa benedetta furente pioggia non arriva (furente pioggia?…).

Insomma, i due per consumare vorrebbero consumare ma… c’è bisogno del temporale: lei, spaventata si lancerebbe tra le braccia di lui. Lui le accarezzerebbe i capelli ed elegantemente, col fragore della pioggia e il rantolo del vento sul tetto (il rantolo del vento?), la prenderebbe tra le sue braccia e la condurrebbe.. Oddio… dove? C’è un secondo piano? Ma sì, da qualche parte si metteranno.

Il fatto è che non mi viene la descrizione della pioggia sullo chalet. Come arriva la pioggia? Ticchettando all’inizio? Frusciando poi poco a poco sui vetri? Rompendo ogni indugio alla fine e tracimando dal tetto sulle pareti di pietra?

Non sono convinta. Ma ho i protagonisti bloccati sul divano e il fuoco sta per spegnersi. E lui è pur sempre un uomo, se entro una decina di minuti lei non cede… lascia..

Ci sono!

La fanciulla dice che le manca il respiro e indica col ditino di aprirle la finestra. Lui esegue. Un vento iroso, potente, corre dritto fino al camino e spegne il fuoco. Non c’è modo di riaccenderlo. La legna nel capanno è finita (così afferma la fanciulla) e rischiano di  morire dal freddo. Molto presto, dopo pochi attimi di sconcerto direi (qui farò una rapida descrizione), lei inizia a rabbrividire e a guardarlo spaventata. E’ il segno che il giovane aspettava. La prende in braccio… no, prima va a chiudere la finestra. Poi la prende in braccio (la giovane è leggera come un fuscello), e le promette che staranno abbracciati tutto il tempo e non patiranno il freddo. E il gioco è fatto.

Vabbè… ora li lascio tranquilli e… quasi quasi, visto che la burrasca è ormai lontana…  lascio calare sullo chalet una pioggerella tamburellante che, mossa da un vento scapestrato, inizia la sua danza sul tetto mentre i due giovani fanno l’amore.

(La sua danza sul tetto?)…


Maria Maddalena Panunzi, nata in provincia di Viterbo, vive da anni a Roma, dove è sempre stata impegnata nel volontariato. Conseguita la laurea ha lavorato come Educatore Professionale dapprima presso l’Istituto Penale Minorile Malaspina di Palermo e poi, stabilmente, presso l’Istituto Penale Minorile Casal del Marmo di Roma. Ha sempre avuto un forte interesse verso il teatro, il cinema, la letteratura in genere. Ha pubblicato diversi racconti in volumi collettivi, e, nel 2018 il romanzo “Graffi” con la “Robin Edizioni” di Torino. I suoi racconti hanno ottenuto menzioni di merito all’interno del concorso Incrociamo le penne sia nel 2018 sia nel 2019.

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