“Natale non sembrerà più Natale senza regali” brontolò Jo sdraiata sul tappeto dinanzi al caminetto.
Questo l’incipit del capolavoro di Louisa May Alcott, “Piccole donne”. La narrazione – e coloro che tanto hanno amato questo romanzo di formazione lo ricorderanno – prende le sue mosse dal salotto di casa March, dove le quattro ragazze attorno alle quali si snodano le vicende raccontate, chiacchierano fra di loro parlando appunto dell’imminente festività. Tra di esse, spicca l’irrequieta Jo, eroina immortale e intramontabile modello per le donne di ogni epoca.
Il nostro stato d’animo attuale ricalca un po’ quello delle sorelle March. L’attesa per questo Natale è impregnata di disincanto e di delusione. Il Covid19 ci tarpa le ali e ci costringe a festeggiare in tono minore, o in maniera “raccolta”. Chissà che questa intimità forzata non ci regali una maggiore autenticità nel confronto con noi stessi.
Sfogliando le pagine del romanzo, la delicata scrittura della Alcott ci prende per mano. Ci troviamo così rannicchiati e invisibili in un cantuccio, proprio davanti al caminetto acceso della famiglia March, dove le quattro sorelle hanno messo a scaldare le pantofole della mamma che sta per arrivare. Una lettera dal fronte di papà March conforta le ragazze e getta nuova luce sul Natale.
Un po’ come le cronache dai reparti di terapia intensiva che leggiamo dalle pagine dei quotidiani.
“Jo fu la prima a svegliarsi nella fredda e grigia mattina di Natale e ricordandosi la promessa della mamma cercò sotto il capezzale, e trovò un piccolo libro coperto di velluto rosso”. La narrazione prosegue nel segno della speranza.
Anche noi, se lo vorremo, troveremo il nostro libro dalla copertina di velluto rosso. La vita è una straordinaria avventura, ci toglie e ci restituisce cose.
“Un anno di vita è sempre qualcosa di compiuto. Accadono spesso fatti negativi che mai si ripeteranno uguali. Ma, nel corso della nostra esistenza, quegli stessi fatti che ci hanno ferito, o solo fatto un po’ soffrire, potranno tornare a ripetersi sotto altre forme, in altre situazioni, e se la prima volta abbiamo saputo affrontarli, ci faranno soffrire di meno”.
In questo spazio, Silvia Rossetti, insegnante in una scuola di Roma e autrice del libro Giorni da prof, commenta con suoi punti di vista, sottolineature e considerazioni, fatti di costume, un libro letto, un evento, un problema sociale, un evento storico da non dimenticare, invitandoci a riflettere a nostra volta.