di Silvia Rossetti e Michele Rucco

Le cronache degli ultimi giorni hanno registrato purtroppo l’ennesimo caso di suicidio giovanile: un diciottenne torinese che pare fosse nella mira di alcuni bulli a causa del suo orientamento sessuale. Orlando ha scelto una morte terribile, si è gettato sotto il treno regionale Chieri-Rivarolo.

Anche per gli altri giovani suicidi, di cui si è parlato nelle settimane precedenti, viene ipotizzato il nesso fra discriminazione, istigazione e morte. Per il ventenne Seid Visin, giovane promessa del Milan, si è parlato di razzismo, anche se gli stessi genitori hanno smentito che questa fosse la causa del gesto estremo. Per Matteo Cecconi, diciottenne di Bassano del Grappa, che si è tolto la vita durante una lezione di didattica a distanza, gli inquirenti stanno indagando una pagina web che si definisce «forum di discussione a favore del suicidio», della quale il ragazzo era uno dei 17 mila iscritti.

Ma quali sono le radici di questi atti così estremi?

Una prima risposta viene trovata nella situazione vissuta dagli adolescenti durante la pandemia e nei mesi successivi con la Didattica a Distanza e il distanziamento sociale, che pare abbia pesato notevolmente sull’incremento del numero degli atti di autolesionismo e dei suicidi.

“L’autolesionismo interessa il 20% degli adolescenti in Italia: i suicidi sono la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni. E il lockdown ha peggiorato la situazione e fatto crescere in maniera esponenziale gli accessi al pronto soccorso psichiatrico per questa ragione”. Così Stefano Vicari, responsabile dell’UOC di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Irccs Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove si trova ad affrontare uno-due casi di tentato suicidio al giorno.

In realtà, la salute mentale degli adolescenti è a rischio già da qualche anno. I disturbi più diffusi sono ansia e depressione, talmente marcati a volte da divenire invalidanti; disturbi alimentari, atti autolesionistici, violenze gratuite, uso di alcol, di fumo e di droghe sono fenomeni in crescita, non solo in Italia e sono diffusi persino fra i bambini sotto gli undici anni.

Perché questa impennata?

Difficile dirlo. Probabilmente le cause risiedono nella complessità del nostro vivere ansiogeno, nei “danni collaterali” di uno sviluppo economico troppo veloce e troppo competitivo. I giovani sono i primi a essere assediati dall’ansia, vivono crisi di panico e mostrano spesso comportamenti apparentemente irrazionali. Sono gli angosciati figli del disincanto, nati, cresciuti e incastrati in un perverso meccanismo di schizofrenia che di fatto scandisce il nostro tempo all’insegna della contraddizione e del paradosso.

Aspettative che vengono scaricate sulle nuove generazioni a incarnare le proiezioni di genitori che fondamentalmente non si sentono realizzati e che sperano di poter sovvertire le proprie frustrazioni attraverso i figli. Lo spauracchio del fallimento sempre dietro la porta, che riguarda i figli ma che coinvolge l’intera famiglia: non si può fallire in nessun campo oggi, si deve eccellere. Lo sport, la scuola, persino l’aspetto fisico diventano blasoni da mostrare, mezzi per potersi affermare socialmente, o semplicemente per farsi riconoscere in un mare indistinto di simili.

E poi c’è la solitudine cosmica delle nostre case, nelle quali però è possibile rifugiarsi e stordirsi con i social e i videogames. Mentre la famiglia fa la ronda sugli spalti a vegliare sull’incolumità e l’inaccessibilità dei propri figli, questi navigano tra surrogati convincenti e ben confezionati, finché l’illusoria libertà del web naufraga miseramente sui marosi della mancanza di uno scopo, dell’insoddisfazione nei confronti della propria vita, della impossibilità di fare concreta esperienza della realtà: e allora la voglia di ribellarsi e il bisogno di trasgredire prendono strade impreviste.

In un tempo condizionato dalla paura del virus, emblema della paura di tutti i mutamenti e di tutti gli sconvolgimenti in corso, gli adulti si sono proiettati sui vaccini e sulla fine della pandemia come salvaguardia da un salto nell’ignoto. Nel frattempo le giovani generazioni non sanno come immaginare il futuro: le loro esigenze sono state ancora una volta poste dopo quelle di tutti gli altri gruppi di una società sempre più anziana, non solo perché popolata da una maggiore percentuale di persone mature, ma soprattutto perché concepita, costruita e gestita a misura di queste ultime. Una società che preclude a queste generazioni anche la visione, la speranza, l’aspettativa di un benessere futuro.


L’immagine di apertura è il dipinto “Solitudine” di Paul Delvaux

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *